STAGIONE SINFONICA 2024
Michele Mariotti direttore
Eva Gevorgyan pianoforte
SIBELIUS | ŠOSTAKOVIČ | SCHUBERT
PROGRAMMA
“Valse triste” , op. 44 n. 1
Come Ravel col Bolero, anche Sibelius è stato “condannato” a rimanere famoso soprattutto per un brano, il Valse Triste op. 44, a dispetto di una produzione di enorme rilevanza per la storia della musica strumentale, che in Italia si affacciò per la prima volta proprio grazie a un cartellone sinfonico del Teatro Comunale. Inizialmente il brano faceva parte delle musiche di scena scritte per il dramma Kuolema (Morte) del cognato di Sibelius, Arvid Järnefelt, ma dopo la prima esecuzione del 1904, come brano autonomo, il Valzer prese una vita a sé stante, diventando uno dei pezzi emblematici del compositore finlandese.
Concerto n.2 in fa maggiore per pianoforte e orchestra, op. 102
Quattro anni dopo la morte di Stalin, nel 1957 Dmitrij Shostakovich dà alla luce uno dei brani più freschi e smaglianti della sua produzione. Dopo anni di terrore, cui il compositore aveva reagito con pagine titaniche, drammatiche, laceranti, ma anche connotate da ironia e gusto per la battuta salace, arriva questo improvviso e momentaneo disgelo, un regalo di compleanno per il figlio Maxim, pianista, da cui deriva un’energia prorompente ma anche un tono lirico e affettuoso. Quell’irrefrenabile senso di allegria del primo e del terzo movimento ha spinto persino la Disney a scegliere alcuni estratti per la sequenza del soldatino di piombo nel film “Fantasia 2000”.
Sinfonia n. 9 in do maggiore D 944, La grande
Lunga e travagliata è la genesi della Sinfonia n. 9 di Franz Schubert, la “Grande”. Rifiutata nel 1826 e poi ancora nel 1828 dall’orchestra della Gesellschaft der Musikfreunde di Vienna perché ritenuta troppo lunga e difficile, la Sinfonia finì in un cassetto e venne riscoperta da Robert Schumann solo nel 1839, cioè 11 anni dopo la morte dell’autore, in occasione di una visita a Ferdinand Schubert, fratello di Franz. Si deve quindi a Schumann se la sinfonia avrà la benedizione di una prima esecuzione pubblica, a Lipsia, il 21 marzo 1839, sotto la guida di Felix Mendelssohn. Decisivo, in questo ultimo capolavoro sinfonico schubertiano, è il rapporto a distanza con l’omologa Nona Sinfonia di Beethoven, scritta nel 1824, da cui Schubert prende lo spunto per un’opera di grandioso ottimismo, quasi utopica nella sua vastità di respiro. Prova ne sia il finale, in cui compare un’esplicita citazione dell’Inno alla gioia beethoveniano.